venerdì 29 aprile 2011

La tutela del contraente debole



La tutela del contraente debole che in sede di formazione del contratto non e’ in grado di valutare i costi.

Il tema dell’obbligo d’informazione precontrattuale, delle indicazioni false e delle reticenze intercorrenti su qualsiasi elemento decisivo per convincere le parti alla conclusione del contratto, introduce l’argomento della tutela del contraente debole nel momento genetico del contratto. La norma fondamentale in materia è l’art. 1337 c.c., il quale assoggetta il comportamento delle parti durante la formazione del contratto ad un obbligo di buona fede, intesa come condotta corretta e leale, integrata dall’art. 1338 c.c., che impone alla parte che conosce una causa d’invalidità del contratto di darne notizia all’altra. Tale obbligo sarà, ovviamente, disatteso in caso di dolo, il quale introduce la necessità di una reazione dell’ordinamento giuridico in campo civile e penale, poiché il dolo civilistico riecheggia spesso la fattispecie penalistica della truffa. Il ricorso all’art. 1439 c.c. consente, infatti, di annullare il contratto posto in essere mediante artifici o raggiri, usati da uno dei contraenti per convincere l’altro a stipulare un accordo che, altrimenti, non avrebbe stipulato. Nel franchising il sistema è quello di far passare per economicamente valide formule, tecniche di vendita, o di avviamento in realtà inesistenti o inconsistenti. In questi casi, un controllo e preventivo e giudiziario sulla consistenza delle informazioni precontrattuali, delle premesse, delle promesse "mirabolanti" di possibili "venditori di fumo", è quanto mai necessario. Posto che nell’ordinamento giuridico italiano esiste solo un generico obbligo d’informazione che è, di fatto, rimesso alla buona fede delle parti, la valutazione delle false indicazioni o delle reticenze, anche in tema di accordi di franchising, si è incentrata, penalmente parlando, sui reati di truffa e di associazione a delinquere. Sul piano civilistico, in assenza di indicazioni che indichino specificamente le notizie, le relazioni, le comunicazioni che devono essere fornite per adempiere all’obbligo della reciproca informazione, si fa riferimento al vizio del dolo e al conseguente annullamento del contratto di franchising. Ma lo strumento più penetrante posseduto dall’ordinamento nei confronti dei rapporti inter – partes opera nel momento formativo del contratto di franchising, attraverso la disciplina delle condizioni generali di contratto. Infatti, l’esigenza della standardizzazione del contratto di franchising è molto sentita, a motivo dell’uniformità della rete distributiva e dell’immagine da preservare, sicchè le condizioni generali di contratto mirano a salvaguardare una unità non solo per quanto concerne prezzi o qualità del prodotto offerto, ma anche circa la struttura o gestione della rete distributiva. Le condizioni generali di contratto ed i contratto conclusi mediante l’uso di moduli o formulari ci rimandano agli artt. 1341 e 1342 c.c., ed alla tutela accordata dal legislatore al contraente economicamente più debole che, di solito, può solo limitarsi ad aderire o non aderire ai c.d. contratti in serie. Sebbene parte della dottrina non accetti l’automatismo: franchisor = contraente forte, franchisee = contraente debole, e riconoscendosi che, senza un’indagine economica, caso per caso, tale parallelismo non è affatto scontato, tuttavia la causa, la giustificazione economica e la stessa struttura del franchising, prevedendo un contraente che concede un diritto ed uno che, dietro corrispettivo, cerca di giovarsi di tale concessione, esprime, naturalmente, una diversa posizione economica delle parti. L’una è a tal punto affermata da fare del suo avviamento, della sua particolare capacità di produrre e/o vendere in modo vincente, l’oggetto di un contratto, l’altra, che ritiene di potersi avvantaggiare della franchise, cerca di assicurarsela anche a costo di pagarla, e, ovviamente, sarà un’impresa meno affermata e, in molti casi, del tutto marginale, sia come dimensioni che come forza economica. Quindi, nella maggior parte dei casi, il franchisee sarà effettivamente un contraente debole, alla cui protezione il legislatore ha finalizzato gli artt. 1341 e 1342 c.c. Attualmente la giurisprudenza si muove nella prospettiva della non tassatività delle fattispecie di cui al 2° comma dell’art. 1341, o in quella di dichiararle suscettibili d’interpretazione estensiva, imponendo così più chiari criteri per la conoscibilità delle condizioni contrattuali. Nella vasta casistica di contratti di franchising o presunti tali, si annoverano spesso proposte contrattuali tese a porre in essere uno schema negoziale fantomatico, il quale, sotto il nome di franchising, illude ingenui e sprovveduti potenziali franchisee di facili guadagni che, normalmente, si rivelano vere e proprie truffe. In tali casi la proposta di franchising non è rivolta a specifici soggetti imprenditoriali, scelti in modo accurato, dotati di requisiti, capacità oggettive in campo economico, conoscenze e strutture, ma è indirizzata ad un numero illimitato di soggetti che, di preferenza, non sono imprenditori e non sono mai persone giuridiche bensì persone fisiche. Un esempio di tali figure è la c.d. tecnica delle "vendite piramidali" o "catena di S. Antonio" In buona sostanza emerge dalle pratiche commerciali l’uso della rispettabile terminologia propria del franchising al fine di mascherare frodi e raggiri, anche se, in realtà, si tratta di sistemi che col franchising non hanno nulla a che fare. In queste figure manca il trasferimento di quel "fascio" di diritti e rapporti che costituiscono l’oggetto del franchising. Proprio per garantire la tutela del franchisee nella fase di formazione del contratto e nelle trattative, tale soggetto deve approfondire e controllare i seguenti elementi:
1) verificare la situazione dell’azienda affiliante e delle società collegate, l’esperienza professionale di funzionari, dirigenti e amministratori, i procedimenti legali e gli eventuali fallimenti in cui siano coinvolti;
2) valutare l’assistenza finanziaria offerta dall’affiliante e dalle sue società collegate;
3) raccogliere informazioni sugli affiliati, sui programmi di nuove affiliazioni, sui contratti rescissi o non rinnovati;
4) verificare che il marchio sia di proprietà dell’affiliante e depositato regolarmente presso l’Ufficio Brevetti;
5) verificare che i diritti d’entrata richiesti siano corrispondenti ai servizi effettivamente resi;
6) chiedere all’affiliante un conto economico preciso e dettagliato;
7) richiedere proiezioni finanziarie a 3/5 anni, perché i risultati devono essere verificabili anche a lungo termine;
8) non deve confondere il margine lordo (rimborserà le spese e permetterà di fare nuovi investimenti) con l’utile effettivo;
9) verificare le garanzie di formazione specialistica offerte dall’affiliante;
10) tener conto del fatto che per ottenere una reale convenienza economica, almeno in termini generali, l’investimento iniziale deve essere recuperabile in 24/30 mesi.

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